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Formazione : L'EDUCAZIONE DEGLI ADULTI A UN PUNTO DI SVOLTA?
Inviato da DIDATTIKA il 26/4/2005 14:54:53 (4177 letture)

C’erano una volta le 150 ore. La storia dell’EdA comincia da qui. Agli inizi degli anni ’70, sull’onda delle lotte operaie e sindacali, il Ministero della Pubblica Istruzione istituisce i corsi statali sperimentali di scuola media per lavoratori, le cosiddette “150 ore”.


da http://www.scuolaoggi.org/?action=detail&artid=2223

La conclusione della vertenza contrattuale dei metalmeccanici, nell’aprile del 1973, sanciva infatti la possibilità di utilizzare 150 ore di permesso retribuito in orario di lavoro per l’esercizio del diritto allo studio dei lavoratori e delle lavoratrici delle medie e grandi industrie all’interno della scuola statale. Questa “conquista sindacale” rappresentava in realtà un fatto di grande importanza politica nel senso che, per la prima volta, si affermava il principio del “diritto permanente allo studio” in generale, non finalizzato all’acquisizione di competenze professionali legate ai processi produttivi delle aziende ma piuttosto all’innalzamento dei livelli di istruzione e cultura personali di tutti i lavoratori. Questa era l’ispirazione originaria che ha segnato la prima fase dell’educazione degli adulti, accanto e sulla scorta delle esperienze di scuola popolare diffuse nel nostro paese e delle vicende sindacali francesi, riproposte da noi da Bruno Trentin (*).

Dall'anno scolastico 1983/84 i “corsi delle 150 ore” entrarono a far parte dell'organico di diritto e di fatto della scuola media inferiore e in essi furono fatti confluire i vari corsi per adulti finalizzati alla licenza media che fino ad allora erano stati attivati in Italia (es. corsi di recupero e aggiornamento culturale C.R.A.C.I.S., corsi carcerari, ecc.). In parallelo ai corsi di scuola media venivano attivati corsi di alfabetizzazione, anch'essi di durata annuale e conclusi dall’esame di licenza elementare.
In questa seconda fase, nella realtà milanese (e non solo) si assiste ad un mutamento della composizione sociale dell’utenza dei corsi stessi, estesi ora anche ad altre tipologie di lavoratori e di soggetti, come ad esempio le casalinghe o i giovani o meno giovani senza diploma di licenza media.

Negli ultimi dieci anni vi è stata un’ulteriore espansione dei corsi di formazione per adulti: sul territorio nazionale vi sono più di 500 Centri territoriali, che coinvolgono un’utenza stimata oltre le 400.000 persone l’anno. In Lombardia vi sono una sessantina di CTP, in provincia di Milano 21, otto dei quali in Milano città. La fase attuale, almeno a Milano e provincia, è caratterizzata prevalentemente da una elevata presenza di stranieri iscritti ai corsi. Adesso la domanda è molto diversificata a seconda del luogo ove i corsi si svolgono, ma sicuramente la maggioranza di coloro che traggono vantaggio dai servizi offerti dai CTP sono i cittadini stranieri, ormai non più solo extracomunitari ma anche comunitari. Questo fenomeno si è accentuato ulteriormente con lo sviluppo dell’immigrazione di cittadini provenienti dall’est europeo. Alcuni centri in Milano città sono frequentati quasi per intero da adulti e minori stranieri che li utilizzano per apprendere la lingua e/o per conseguire un titolo valido in Italia, anche se, in molti casi, dispongono di una significativa scolarità acquisita nel loro paese d’origine.
Accanto a questo, un altro fatto rilevante sta emergendo nei CTP: il numero di ragazzi tra i 15 e i 18 anni in cerca di una soluzione formativa adeguata alle loro esigenze. Molti sono stranieri ma anche il numero dei giovani italiani è in crescita, per non parlare dei ventenni che sono fuori dalla fascia del “diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione”, le cui istanze sono poco soddisfatte.

Oltre alla tipologia dell’utenza, in questi anni è cambiata profondamente la stessa “filosofia” dell’educazione degli adulti. Se i corsi di alfabetizzazione/scuola elementare e di 150 ore/scuola media erano prevalentemente volti al conseguimento del diploma, adesso l’EdA si colloca a pieno titolo dentro la prospettiva della formazione continua, dell’educazione permanente. In questa direzione va la stessa nuova denominazione assunta dai corsi, attualmente riunificati e chiamati significativamente “Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli adulti”.
Non solo, ma davanti all’EdA si aprono nuovi scenari, indicati con chiarezza negli obiettivi fissati dal Consiglio di Lisbona che pone come traguardo per il 2010 l’innalzamento delle competenze di base, il conseguimento di un titolo di studio superiore da parte del maggior numero di persone, in un’ottica di formazione “lungo tutto l’arco della vita”, non finalizzata peraltro esclusivamente al lavoro.
Si apre così un nuovo capitolo dell’EdA, contrassegnato dalla necessità di integrazione soprattutto progettuale e di servizi offerti dai CTP, dalle scuole superiori con corsi serali e dai Centri di formazione professionale. In questa prospettiva possono leggersi le recenti “aperture” del Miur (vedi in particolare la Circolare del Direttore generale Maria Grazia Nardiello del 16.9.2004) con l’invito esplicito “ad orientare sempre più incisivamente l’attività dei C.T.P. verso una stabile collaborazione con gli istituti di istruzione secondaria superiore sedi di corsi serali (…) in una logica di accordi di rete, di raccordo e di individuazione di percorsi integrati, anche con i Centri di formazione professionale regionali, per realizzare interventi concordati anche per quanto riguarda le attività di informazione, accoglienza e orientamento.”

Ora il quadro che si viene profilando pone indubbiamente nuovi problemi e nuovi interrogativi. Ne indichiamo alcuni (le considerazioni che seguono riguardano la realtà milanese ma potrebbero forse essere estese anche altrove).
Un primo problema riguarda il rapporto tra EdA, Amministrazione scolastica (Direzione regionale, CSA) ed enti locali (Regione, Comune, Provincia). Se si riconosce che l’EdA è un servizio (pubblico) importante, che risponde al diritto all’istruzione ed alla formazione continua del cittadino, italiano o straniero che sia, allora è necessario che vi sia una politica concreta a sostegno dei CTP. E’ indispensabile innanzi tutto consolidare le risorse professionali esistenti, ma anche rafforzarle, estenderle. Occorre pensare ad una programmazione “concertata” tra Amministrazione scolastica ed enti locali, ad una pianificazione della presenza dei CTP diffusa e articolata che garantisca la presenza dell’Educazione degli adulti nelle principali aree territoriali della città di Milano e della provincia.

Strettamente legata a questa problematica é la questione dell’integrazione/valorizzazione degli interventi e delle risorse esistenti nel territorio. E’ necessaria una strategia congiunta, da parte dell’Amministrazione scolastica e degli enti locali territoriali, capace di mettere in campo un sistema integrato di interventi, evitando sovrapposizioni ma valorizzando le risorse professionali dei CTP e dei settori formativi di Regione, Comune e Provincia (si pensi ad es. ad opportunità formative dalle grandi potenzialità come l’insegnamento dell’informatica o della lingua inglese, ma non solo…). Come hanno scritto Gabriella Giorgetti e Roberto Pettenello in un interessante articolo pubblicato su Valore Scuola “questa ampia gamma d’opportunità formative raramente si muove in sinergia e in una logica di rete, con conseguenti sovrapposizioni e sprechi di risorse, omologazione dell’offerta formativa, e, soprattutto, assenza di certificazione dei percorsi non formali, di monitoraggio e di verifiche.” (v. “Educazione degli adulti. Non si finisce mai di imparare”, VS - La rivista n.3 del 15.2.2005).

Un terzo ordine di problemi riguarda la nuova configurazione dei CTP, la connotazione che hanno assunto negli ultimi anni. L’idea (e la prassi) della formazione continua, dell’educazione permanente life long learning apre una prospettiva più ampia, rivolta anche al mondo del lavoro, alla formazione-lavoro. In questo quadro è importante da un lato il rapporto con il sindacalismo confederale dall’altro il rapporto tra CTP e scuole secondarie superiori.
Occorre pensare allora, a questo proposito, anche ad una nuova “geografia fisica e politica” dell’Eda: non ha più senso che i CTP - com’è oggi nella stragrande maggioranza dei casi in provincia di Milano - siano “agganciati” e collocati solo all’interno delle scuole primarie e secondarie di primo grado, con le quali “c’entrano” sempre meno. Bisogna fuoriuscire dalla logica della scuola di base e raccordare i CTP agli istituti superiori, cosa importante anche da un punto di vista simbolico, dato che la scolarizzazione deve tendere all’acquisizione del diploma di istruzione superiore. Pensare quindi ad un progressivo spostamento del baricentro, ad una ricollocazione dei CTP, anche sul piano della dislocazione, della “sede”. Le scuole secondarie superiori con corsi serali diventano sempre più un interlocutore importante e necessario, così come vanno probabilmente ripensati, in questa prospettiva, gli attuali corsi serali.
In questo senso allora possono essere valorizzate a pieno le professionalità e le esperienze di recupero dei drop aut e di accoglienza dei minori stranieri esistenti all’interno dei CTP, inserendole appunto all’interno di una progettazione allargata e integrata con altri soggetti (scuole secondarie, formazione professionale, servizi per l’impiego, ecc.).

“Il potenziamento dell’azione del settore istruzione nell’EdA – scrivono G.Giorgetti e R.Pettenello - non è, però, pensabile all’interno dell’attuale assetto istituzionale, in cui la l’educazione degli adulti soffre per l’assenza di autonomia finanziaria e decisionale, di personale specificamente preparato e di capi d’istituto motivati e in grado di gestire situazioni estremamente complesse (basti pensare all’eterogeneità dell’utenza e alla varietà di azioni formative).“
Qui si pongono allora i problemi dell’autonomia dei centri territoriali (finanziaria e decisionale), l’individuazione di nuovi profili professionali per chi lavora nel settore dell’EdA (insegnanti dotati di competenze specifiche, tutor, orientatori, ecc.), il reclutamento dei docenti sulla base di apposita formazione e l’individuazione di dirigenti scolastici ad hoc, magari come “dirigenza specifica” dei centri territoriali.

Questi, schematicamente indicati, sono alcuni dei temi sui quali dovranno misurarsi nei prossimi anni i C.T.P. e l’Educazione degli adulti. Su questi temi sarebbe interessante aprire una riflessione e un dibattito anche su queste pagine con i vari soggetti interessati.

Gianni Gandola

(*) NOTA. Vedi a questo proposito i materiali del convegno “L’EdA in Italia. Trent’anni dopo le 150 ore, 1973-2003” Convegno Nazionale: 12 - 13 DICEMBRE 2003 Camera del Lavoro di Milano (http://fc.retecivica.milano.it/rcmweb/edaweb/)



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